I miei contatti erano Berlusconi e D'Alema. Storia di come gli USA dirottarono l'Italia fuori da Mani Pulite
Nel giorno della morte di Reginald Bartholomew, ambasciatore statunitense in Italia sotto la presidenza Clinton, ex ambasciatore a Madrid e a Beirut, durante i difficili anni Ottanta, una delle nostre migliori firme, apre uno squarcio sull’attività diplomatica avviata durante l’inchiesta di Mani Pulite. Pare infatti che il pool di Milano, con il suo lavoro, stesse per creare fortissimi rischi di stabilità politica in tutta l’area del Mediterraneo.
Il racconto di Reginald Bartholomew comincia quando nel 1993, dopo una missione in Bosnia, il neo presidente Bill Clinton dirotta uno dei suoi migliori ambasciatori verso l’Italia. Ero diretto verso Israele per diventare ambasciatore lì, ma l’Italia era diventata una priorità della massima importanza. Occorreva un veterano del Foreign Office. Per i più giovani, è bene ricordare che proprio in quel momento in Italia stava cominciando il lavoro del pool di Mani Pulite, composto da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Francesco Saverio Borrelli che si apprestava a scoperchiare il meccanismo di corruzione che legava i partiti politici a qualsiasi ambito produttivo del paese, arrivando a “pizzicare” fondi che provenivano dall’estero per evitare “il contagio comunista”.
Gladio era stata ufficialmente archiviata, ma il lavoro fatto a Milano avrebbe potuto scoperchiare altro. A mettere in allarme il presidente Clinton, era la completa mancanza di contatti tra il pool di Mani Pulite e l’ufficio del Consolato Americano di Via Veneto:
Fra le iniziative che Bartholomew prese ci fu quella di far venire a Villa Taverna il giudice della Corte Suprema Antonino Scalia, sfruttando una sua visita in Italia, per fargli incontrare sette importanti giudici italiani e spingerli a confrontarsi con la violazione dei diritti di difesa da parte di Mani Pulite.
Il culmine della “crisi diplomatica” fu la presentazione dell’avviso di garanzia al premier Silvio Berlusconi durante il G7 a Napoli e da qui in poi la confessione dell’ex ambasciatore, diventa molto interessante. Pare infatti che in quelle concitate giornate l’ambasciatore americano iniziò a tessere rapporti intensi con tutte le nuove forze politiche appena nate ed in particolare con Massimo D’Alema, con il quale
si sviluppò «un rapporto che sarebbe durato nel tempo. «D’Alema mi chiamò al telefono, gli dissi di venirmi a trovare e lui, dopo una certa sorpresa, accettò – rammenta Bartholomew -; quando lo vidi gli dissi con franchezza che il Muro di Berlino era crollato, quanto avevano fatto e pensato i comunisti in passato non mi interessava, mentre ciò che contava era la futura direzione di marcia, se cioè volevano essere nostri alleati così come noi volevamo continuare a esserlo dell’Italia». Ne nacque «un rapporto solido, continuato in futuro» con il Pds, mentre con Romano Prodi fu tutto complicato dal fatto che, quando diventò premier nel 1996 del primo governo di centrosinistra della Repubblica, voleva a tutti i costi andare al più presto da Clinton, ma la Casa Bianca in quel momento aveva un altro calendario, e Prodi se la prese con me.
Casualmente, Romano Prodi fu fatto cadere da Rifondazione Comunista e al suo posto divenne presidente del Consiglio…Massimo D’Alema. Ottimi rapporti vennero tessuti anche con Gianfranco Fini, all’epoca esponente dell’MSI, nonostante questi contatti fossero visti con sospetto dai salotti politici romani. Poco prima della morte, l’ambasciatore Bartholomew ha rivendicato il suo ruolo identificando in D’Alema e Berlusconi due leader che negli anni seguenti si sarebbero rivelati in più occasioni molto importanti per la tutela degli interessi americani nello scacchiere del Mediterraneo.
A questo punto, tutti i sospetti emersi all’interno del PD possono essere confermati. Se Berlusconi e D’Alema sono state le due facce di una stessa moneta che serviva come garanzia di stabilità nei rapporti con gli USA, come potrà evolversi il Partito Democratico? Dovrà sempre tenere conto delle sue origini e soprattutto, ora che Berlusconi è stato abbandonato dai suoi amici americani, l’avanzata del Movimento Cinque Stelle è la minaccia da abbattere politicamente con ogni mezzo possibile? Al momento il clima politico sembra richiedere la presenza di Mario Monti anche dopo il 2013 ma lo scacchiere politico è ancora in movimento.
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29 agosto 2012 alle 13:54
berlusconi e d’alema il peggio del peggio …..che schifo….w idv…