Il sonno della politica genera paradossi*
Non sappiamo ancora se il dilagare dell’antipolitica generi anche mostri, ma sicuramente l’ultima dichiarazione di Beppe Grillo – “la democrazia non esiste, sono un dittatore democratico” – lascia stupefatti. Solo che a differenza di un Mitt Romney poco avvezzo a comizi e telecamere nascoste e per questo facilmente vittima di se stesso, Grillo è un animale da palcoscenico e tutto quello che dice è studiato e ripetuto (bene) a memoria. Il successo del suo Movimento non è avvenuto per caso: è stato “costruito” negli anni e appoggiato dalle persone “giuste”, Casaleggio e Sassoon in primis. In questo è sicuramente più vicino a Obama, cresciuto nella Chicago che conta (i quattrini) e finanziato dalle multinazionali e da Wall Street. A Grillo manca certamente la flemma e lo charme del Presidente americano, ma dietro la forma e i modi diversi, traspare un’identica matrice. L’uno è cresciuto all’ombra dei Rezko, Soros e Brzezinski, l’altro dei Casaleggio e Sassoon.
Entrambi, però, sembrano sgusciati fuori dalle pagine del romanzo del premio Nobel per la letteratura John Sinclair Lewis, It can’t happen here, Qui non può accadere. Ti parlano di pace, ecologia, di energia pulita, dei problemi del Paese, di sanità per tutti, etc eppure non hanno ricette per far fronte alla crisi. Riempiono le piazze di gente con i loro toni da popolisti ma dietro i sorrisi serpeggia lo spettro del totalitarismo.
Obama l’ha dimostrato chiaramente con il suo primo mandato: ha previlegiato i poteri forti, le Grandi Banche a scapito dei contribuenti, Wall Street contro Main Street, le Multinazionali degli OGM o della Difesa, ha proseguito con l’atteggiamento guarrafondaio del predecessore in Medio Oriente, invoca la “giustizia” e taglia “teste” ai serpenti; Grillo alle prime prove dei fatti sembra aver scoperto le carte ammettendo che la democrazia non è possibile.
Ecco perchè l’ultima esclamazione del comico-politico dovrebbe far riflettere.
Grillo chiede di appoggiarlo perché ciò che predica è fondamenttalmente “giusto” e fa leva sull’emotività (e sull’indignazione) delle persone ma non ha i mezzi per risolvere i problemi che sono sotto gli occhi di tutti.
L’antipolitica ha un bel da fare a tagliare “teste” e a denunciare gli abusi, ma sembra non avere la capacità di prevenire quei soprusi contro cui si scaglia per costruire quel mondo nuovo che evoca nei suoi discorsi.
A meno che quel mondo nuovo di cui si fa paladina non sia l’ennesimo totalitarismo camuffato e i toni che utilizzano i suoi rappresentanti il vecchio gergo da populista.
Perchè abbindolare le masse è semplice, risolvere i problemi altra cosa.
A meno che lo scopo sia un altro: sostituire il desposta vecchio con uno nuovo.
E quando qualcuno si lascia scappare che la democrazia non esiste – fosse anche per scherzo – bisognerebbe sentire per istinto un brivido correre lungo la schiena. Per non rischiare di finire realmente in un mondo nuovo, come quello però immaginato da Aldous Huxley nel lontano 1932 che sembra sempre più vicino ad avverarsi.
*Enrica Perrucchietti, autrice de Il Fattore Oz
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