Premio nobel per la Pace all’Unione Europea nel suo anno peggiore, tra crisi ed imposizioni al limite della democrazia
Se fosse tutto riassumibile in uno slogan quello lanciato dal comitato per il Nobel sarebbe “mai, non mollare mai”. Nel suo anno peggiore, quando l’Unione Europea è sembrata sul punto di sfaldarsi, arriva un riconoscimento prestigioso, che lancia un messaggio al mondo inequivocabile. Per 60 anni, l’Unione Europea ha garantito la pace e la stabilità che ha permesso al mondo di prosperare dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Per il popolo greco la notizia di oggi suona come un sonoro schiaffo, dato che nel giro di un anno la povertà è arrivata anche per chi era sempre riuscito a vivere dignitosamente, le strutture sanitarie e del welfare sono state pesantemente colpite dai diktat imposti dalla troika per ripianare un debito che è cresciuto, sia per responsabilità delle istituzioni greche che per miopia dei paesi europei.
Il nobel per la pace all’Unione Europea era stato proposto già negli anni ’70 per le stesse motivazioni riconosciute oggi ma non era stato concesso. Ancora più importante, il messaggio arriva da un paese dell’Europa del Nord, solitamente molto scettici nel contribuire economicamente al salvataggio dei “soliti stati sciuponi” del sud. Il segnale che arriva è chiaro e preciso per tutto il mondo. L’Unione Europea deve continuare a garantire quella stabilità politica, sociale ed economica che è riuscita ad avere fino ad ora e, se possibile, deve proseguire verso la strada dell’unificazione politica di un continente complesso e ricco di storia.
Il premio di 700.000 euro dovrebbe essere devoluto ad associazioni umanitarie, ma potrebbe nascere una commissione apposita per decidere la destinazione di tali fondi. Magari per la nuova sede della BCE a Francoforte, costata 350.000 euro in più del previsto.
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