Cameron farà un referendum entro il 2015 se rimanere o meno nell’UE. Il discorso completo
Alla fine, dopo 30 anni di tira e molla, è successo. Da questa mattina nel Regno Unito non si parla d’altro. Entro un’ora si sapranno i dettagli, ma il premier David Cameron sembra intenzionato a chiedere al Regno Unito se rimanere paese membro dall’Unione Europea.
Una decisione storica che avrà influenze importantissime non solo sugli assetti politici internazionali, ma anche sul futuro economico dell’Unione Europea. Basti pensare che l’attuale “ministro degli esteri” per l’Unione europea è la britannica Catherine Ashton, preferita all’ultimo a Massimo D’Alema, ex premier italiano e rappresentante di uno dei paesi fondatori dell’Unione.
Una situazione potenzialmente esplosiva che mette a durissima prova tutti i governi europei che dovranno mettere alla prova la loro credibilità e aprire la possibilità di far scegliere ai propri cittadini se scegliere o meno di rimanere nell’Unione Europea. A dispetto di quanto affermato anche dal premier italiano, Mario Monti, anche se i popoli non sempre scelgono il meglio per sé stessi, a volte la responsabilità di certe scelte va lasciata agli strumenti democratici che permettono ai cittadini di esprimersi.
Nel Regno Unito il prossimo referendum sulla permanenza o meno nell’Unione Europea andrà di pari passo con un’altra questione interna, ovvero il referendum che dovrebbe decretare se la Scozia rimarrà all’interno del Regno Unito o se diventerà uno stato del tutto indipendente che rimarrà all’interno del Commonwealth britannico.
Durante la conferenza stampa di presentazione del referendum, Cameron ammette che:
Le sfide che attendono l’Unione Europea sono diverse da quelle con cui si è cominciato. Il referendum serve per consegnare un’Unione Europea più forte, più competitiva in cui certe regole e vincoli vanno rimesse in discussione. Se l’Europa conta il 7% e produce il 25% del PIL mondiale, finanzia il 50% della spesa sociale mondiale. E questo porta a vedere maggiori sforzi.
L’Unione Europea avverte che le decisioni vengono prese senza il consenso popolare, noi abbiamo il diritto ed il dovere di agire a nome della popolazione. Al centro dell’Unione Europea deve rimanere il mercato unico, servono cambiamenti lungimiranti che portino all’uniformità del mercato europeo, dove piccole e medie imprese sono incluse nelle decisioni.
Occorre abbattere la burocrazia pesante per competere con il resto delle nazioni, possiamo continuare a giustificare le spese della Commissione Europea? Serve anche flessibilità , che possa adattarsi alla diversità degli stati europei, una serie di regole comuni ma in strutture in grado di rispondere velocemente ai cambiamenti, come una rete e non come un blocco rigido, univoco, con tutti i paesi che hanno lo stesso grado di integrazione. Per la Gran Bretagna ed altri stati (come Olanda e stati del nord, ndr) esiste un’idea di Europa, ma che si muova con autonomia, non con vincoli stretti che rallentano tutto.
Il potere deve fluire verso gli stati membri, e non dagli stati membri. Il trattato europeo non è mai stato applicato a riguardo, analizzando quello che l’Unione Europea deve poter fare e non deve fare. I paesi sono diversi e fanno scelte diverse. Non è giusto che l’integrità del mercato unico richieda che i dottori britannici risiedano a Bruxelles, vedere se ci sono gli stessi equilibri.
La responsabilità democratica deve essere a favore dei parlamenti nazionali, vera fonte della responsabilità dei governi. I parlamenti nazionali hanno bisogno di legittimità e l’Unione Europea non ne garantisce l’autonomia.
Giustizia. L’Unione Europea non deve condividere necessariamente tutto, è di vitale interesse proteggere la giustizia del mercato unico per tutti i suoi membri. Ecco i miei cinque principi per l’Unione Europea.
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