Il nuovo assetto europeo per il 2015-2017

Poco prima del suo secondo storico discorso di insediamento che tanto rumore ha fatto nei media internazionali, Barack Obama, 44esimo presidente degli Stati Uniti che durante la sua campagna elettorale non ha mai citato l’Unione Europea, ha avuto una telefonata fondamentale con il premier inglese David Cameron, riportata con troppa fretta  e da considerare storica. “Voglio un Regno Unito forte in un’Unione Europea forte“. Alla luce di quanto detto da Cameron questa mattina, il messaggio appare chiaro.

Le sfide imposte dall’asse UK-USA sono chiare: se il 7% della popolazione mondiale vuole continuare a produrre il 25% del PIL mondiale e mantenere il 50% delle spese per il Welfare ha solo due strade: tornare a crescere o smantellare la tutela sociale guadagnata in due secoli.

Ad esempio del forte malcontento dei cittadini nei confronti dell’Unione Europea, Cameron ha citato due città simbolo, da un lato Atene e dall’altro Roma. Ma a Roma, l’unico evento di portata mondiale che ha mostrato il malcontento popolare è stato quello del 15 ottobre 2011, costruito ad arte per far arrivare Mario Monti alla guida del governo italiano.

Se tra il 2010 ed il 2012 si è deciso di cingere d’assedio l’Unione Europea scatenando una tempesta perfetta sui mercati finanziari, la seconda fase prevede una seconda tempesta fatta di sconvolgimenti politici non indifferenti.

Cameron si è assicurato con largo anticipo una carta vincente per governare stabilmente per altri cinque anni, nonostante le resistenze interne della stampella liberal del suo governo mentre a Davos, il premier italiano, dopo essersi lanciato in politica con l’assistenza di uno stretto collaboratore di Obama, sarà il primo italiano a parlare di fronte al World Economic Forum dove si decidono le linee guida per le economie mondiali, quelle famigerate “stanze dei bottoni” a cui nessun italiano ha mai avuto realmente accesso.

Nel dettaglio, Monti avrà pieno accesso a tutti i dati sulla crescita e sull’andamento dei mercati e parlerà di fronte al mondo sul tema “governare contro le avversità puntando sul dinamismo da risalita che permetta di tenere fronte alla tenuta dei conti”. Estremamente interessante la giornata di domani, incentrata sul futuro dell’Unione Europea alla presenza del cancelliere Merkel e….David Cameron.

L’obiettivo, per questa seconda fase, è chiaro. Entro il 2017 l’Unione Europea deve essere pienamente compiuta e se Monti, Hollande e la Merkel preferiscono un sistema centralizzato, esiste un’altra linea, più soft di costruzione federale degli Stati Uniti d’Europa. Gli interessi in piedi sono così grossi che l’Unione Europea non potrà mai realmente fallire, ma sul suo destino molto è ancora in gioco.

La mossa di Cameron costringerà, presto o tardi, anche gli altri paesi ad imporre la questione europea, specialmente in vista del 2014 quando ci sarà da rinnovare il Parlamento Europeo. Diversi punti di vista, apparenti discrepanze e discorsi difformi che nascondono il progetto unificatore verso cui i popoli europei sono diretti. L’ultima, vera finestra di scelta, se ne rimane ancora il tempo, sarà quella di costruire le basi su cui si innesterà il nuovo soggetto politico continentale.

L’attuale sistema tecnocratico non piace all’asse USA-UK, sia perché troppo opprimente nelle sue decisioni, palesemente anti-democratiche, sia perché limitano, di parecchio, le possibilità di crescita di chi ne fa parte. Il pragmatismo anglo-americano impone un cambio di passo a cui, volenti o nolenti, da ingaggiati o da astenuti, saremo portati entro i prossimi 4 anni.