Chi siede in Parlamento, continua a preoccuparsi di questioni che non hanno a che vedere con il paese

Dopo il decreto lampo del governo Letta che rinvia la questione IMU e Cassa integrazione, si profila una nuova grana da risolvere che è quella dell’aumento automatico dell’IVA dal 21% al 22%, provvedimento che si somma alla questione fiscale rimasta aperta, soprattutto per quelle 300.000 attività che rischiano di chiudere entro la fine dell’anno.  Ma seguendo la cronaca politica degli ultimi giorni, cadono davvero le braccia.

Cominciamo dal reportage di Milena Gabanelli che fa le pulci ai partiti in Parlamento, Movimento Cinque Stelle compreso. Su Report, oltre ad analizzare il fiume di denaro dei privati che hanno finanziato i big della politica italiana, la Gabanelli fa le pulci ai conti di Gianroberto Casaleggio ed invita i suoi sostenitori ad una maggiore trasparenza. Risultato? Dal blog ufficiale ancora nulla, ma i militanti sparano ad alzo zero, parlando di ingrata al soldo di Pd e Pdl (se fosse così, a quest’ora avrebbe molte meno querele) ed altri epiteti peggiori. Il problema? Nel Movimento Cinque Stelle non si discute, qualsiasi critica, anche da chi ha avuto l’onore di essere scelto come Presidente della Repubblica in pectore dagli abilitati alle Quirinarie, si rifiuta, buttando tutto nel cesso mediatico del “noi soli contro tutti”.

A Roma però Beppe Grillo sta incontrando una serie di nuove difficoltà, spesso inattese. Come scritto da noi in passato e ribadito anche ieri dalla Gabanelli, il Movimento Cinque Stelle è cresciuto molto rapidamente e deve ancora darsi le giuste strutture per continuare a durare. Dopo l’elezione in Parlamento infatti la raccolta fondi per la campagna elettorale a Roma non decolla. I militanti chiedono di usare i soldi presi dalla campagna elettorale, ma dopo tante parole, anche i parlamentari a Cinque Stelle si trovano di fronte ai problemi di gestione di una complessa macchina politica.

Tenere tutto sotto lo strettissimo controllo di poche persone, per una realtà ampia e complessa come il Movimento Cinque Stelle risulta oggi quasi impossibile e a far esplodere la situazione, ci si mette anche il PD, con una proposta di legge shock mirata ad abbattere il Movimento Cinque Stelle: il disegno di legge Zanda-Finocchiaro sfrutta un vulnus per cui  si vieta a tutti i movimenti politici non registrati di partecipare alle competizioni elettorali. Risultato, o il Movimento Cinque Stelle si adegua alle altre forze politiche, oppure è legalmente tagliato fuori. Una bella capriola in avanti non solo per evitare di votare l’imbarazzante ineleggibilità di Berlusconi,  ma per provare a fermare l’emorragia di voti nella maniera più bieca e scorretta.

La capriola in avanti del PD arriva all’indomani di una situazione veramente imbarazzante, in cui la manifestazione FIOM di sabato, manifestazione di proposta più che di protesta a tutela del lavoro, è stata disertata dal PD che ha come segretario quel Guglielmo Epifani che è stato segretario della CGIL per anni. Solo pochi dirigenti del Partito Democratico si sono fatti vivi e si sono trovati in difficoltà di fronte ai rappresentanti di SEL e Movimento Cinque Stelle, presenti in gruppo e compatti.

Un partito di centrosinistra moderno che rifiuta la piazza come luogo di ascolto difficilmente può avere un futuro. Persino il centrodestra cerca il confronto con la piazza, cercando di avere legittimazione e sostegno concreto dai suoi sostenitori. Alle imbarazzanti dichiarazioni di Epifani (dobbiamo dare risposta ai cittadini) si aggiunge il dialogo emblematico di uno dei fondatori del PD, intervistato a Che tempo Che Fa. Walter Veltroni, oltre a ricordare i valori del centrosinistra, fa un discorso emblematico, in riferimento alla discussione sul futuro del PD e dei possibili successori alla presidenza:

Nel PD prima si parla delle parole, poi delle idee, poi dei valori e solo allora di nomi per la presidenza.

Un discorso che chiarisce lo stato del principale partito di centrosinistra, dove i fatti non contano nulla e dove non si sente l’esigenza di dover dimostrare qualcosa prima di chiedere fiducia agli elettori.

A giorni sapremo se da Bruxelles arriverà la fine della procedura di infrazione per lo sforamento del rapporto deficit/PIL. Da questa decisione, passa molto della libertà di azione del governo Letta che è chiamato a dare risposte concrete in tempi politicamente brevi.