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I premi nobel per l’economia arrivano 5 anni dopo le analisi del 2008, evitiamo di ripetere lo stesso errore | Informazione
I premi nobel per l’economia arrivano 5 anni dopo le analisi del 2008, evitiamo di ripetere lo stesso errore Reviewed by Momizat on . Quando nel 2008 mister Nouriel "Doom" Roubini parlò dell'esplosione di una crisi peggiore di quella della grande depressione del '29 in pochi gli diedero ascolt Quando nel 2008 mister Nouriel "Doom" Roubini parlò dell'esplosione di una crisi peggiore di quella della grande depressione del '29 in pochi gli diedero ascolt Rating:
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I premi nobel per l’economia arrivano 5 anni dopo le analisi del 2008, evitiamo di ripetere lo stesso errore

Quando nel 2008 mister Nouriel “Doom” Roubini parlò dell’esplosione di una crisi peggiore di quella della grande depressione del ’29 in pochi gli diedero ascolto, tranne i grandi squali del mercato azionario che dirottarono i loro investimenti verso l’oro (ed oggi si spostano sulle biotecnologie). A noi toccò dirottare una quantità di soldi pubblici per salvare le banche, altrove le banche private furono nazionalizzate. Oggi, chiedere indietro quei soldi è impossibile, è come se ci fossimo trovati davanti ad un’enorme buco nero da tappare. Dai buchi neri, non esce nulla e ancora oggi, le banche non possono erogare credito. Al tempo stesso però, l’Unione Europea si è condannata con le sue stesse mani.

Gli USA di Obama sono effettivamente usciti dalla crisi economica pompando soldi pubblici e tenendo basso il costo del denaro, anche a costo di perdere la tripla A nella valutazione delle agenzie di rating. In Giappone, la Abenomics se ne è infischiata del debito pubblico mostruoso e dopo il disastro di uno tsunami ed il più grave incidente nucleare della storia, ha pompato soldi pubblici per tenere buoni livelli occupazionali ed ha agito sulla leva monetaria, deprezzando lo yen.

Tutte cose che l’Unione Europea e la Banca Centrale, NON possono fare. Anche se sembra assurdo, un uomo così potente come Mario Draghi, giace imbavagliato e con le mani legate nella sua torre d’Avorio, l’Eurotower. Come raccontato dai premi nobel negli ultimi mesi, non solo l’Unione Europea è il primo esperimento di stati sovranazionali che in futuro dovranno essere una costante internazionale, ma questo esperimento, germano-centrico, sta palesemente trascinandosi verso il fallimento.

Se pensate a quanti suicidi, a quanti morti generati dalla follia derivante dalla crisi economica abbiamo assistito, in Italia ma anche negli altri stati europei,  risulta quasi snervante dover ricordare come la soluzione per uscire immediatamente dalla crisi, passi da un sì a questo progetto, illustrato dal Fondo Monetario Internazionale. Un sì che una Germania in crescita, con picchi di esportazione maggiori ad ogni “crisi” dell’euro sul dollaro, con occupazione in crescita e conti in ordine, non intende dare per non perdere il suo status. Un paese che scoppia di salute, a scapito degli altri, difficilmente cambierà la sua linea di orientamento, a meno che la situazione non la convolga direttamente.

Cosa che avverrà presto. I primi dati di un’inversione di tendenza sono già sul tavolo della cancelliera Merkel che si appresta a prepararsi alla corsa elettorale contro un partito socialista, quello tedesco, molto confuso e che non ha chiarito quale sarà la sua politica estera. I primi dati concreti che iniziano ad uscire sono quelli dei sindacati, sia quelli degli industriali che quelli generali. Entrambi, parlano di come per tornare ai livelli occupazionali del 2007, occorrerà aspettare il 2070!

In molti però non hanno fatto i conti con quanto accadrà nel medio-lungo periodo. L’Italia non può reggere a livelli di spread pari a 250 punti base, l‘Italia non può nemmeno tenere in piedi un sistema previdenziale con il 45% di disoccupazione giovanile (le stime attuali, ferme al 38%, vanno proiettate in crescite simili a quelli di Spagna e Grecia), un paese che non può assumere in nome del pareggio di bilancio in Costituzione, non può generare ricchezza ed un paese che non ha infrastrutture, non crescerà mai. Le infrastrutture dello scorso secolo si chiamavano autostrade, rete ferroviaria, aeroporti, burocrazia snella ed efficiente. Oggi che nessuna delle vecchie infrastrutture storiche è completata, non solo rimarremo indietro, ma non siamo nemmeno in grado di garantire le infrastrutture di domani, quelle della banda larga per Internet, dell’estrazione di gas naturale, le biotecnologie e la tecnologia aerospaziale che domineranno il mercato dei prossimi anni.

Parlare di queste sfide in Italia sembra oggi parlare di fantascienza, ma nessuno al momento, nemmeno tra gli imprenditori più “illuminati”, sembra rendersi conto di come l’Italia di oggi è strutturata per diventare un paese del Terzo Mondo.

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