Egitto, non sarà un venerdì qualunque*
Il venerdì è un giorno sacro per il mondo arabo. E’ il giorno in cui Allah chiama i suoi fedeli alla preghiera. Ma il venerdì è, ultimamente, anche il giorno delle proteste e delle manifestazioni più accese, soprattutto nei paesi in cui le primavere arabe sono tutt’ora in corso. E sarà un Venerdì di grandissime tensioni per l’Egitto, tra seguaci dei Fratelli Musulmani non ancora rassegnati e rivoluzionari che festeggiano il Colpo di Stato.
L’hanno chiamato “Friday of Rejection” (Venerdì di dissenso). I Fratelli Musulmani invocano un manifestazione anti-golpe, chiedono ai loro seguaci ed elettori di scendere in piazza e protestare contro la caduta dell’ex presidente Mohammed Morsi. Una strategia dalla duplice motivazione: contarsi, tentando di carpire se Morsi può ancora godere di una buona base d’appoggio, e ricordare all’esercito della loro massiccia presenza nel Paese. All’indomani dalle dichiarazioni del nuovo presidente ad interim, Adli Mansour, che rivendica l’importanza di manifestare le proprie idee pacificamente, ma senza abusare del diritto di contestazione. Un monito, dunque, che sembrerebbe voler mettere fine alla rabbia dei Fratelli Musulmani. Le prime parole del discorso di Mansour appaiono chiare infatti, un appello preciso a tutte le forze politiche, “nel nuovo Egitto, nato dalla rivoluzione del 30 giugno, ci sarà posto per tutti, nessuno escluso, invito i Fratelli Musulmani al dialogo e alla partecipazione“.
Eppure i Fratelli Musulmani non sembrano volersi arrendere, continuano a sostenere la legittimità del potere acquisito con le elezioni del dopo Mubarak, e si aspettano un riconoscimento politico nel nuovo periodo di transizione che condurrà il paese ad elezioni parlamentari e presidenziali. Nel frattempo, l’ex presidente Morsi è accusato di “vilipendio della magistratura”, e sono ricercati gli esponenti che hanno appoggiato il suo anno di mandato al potere, Mohamed Badie, Khairat el-Shater, Saad Al-Katatni, Mohammed al-Beltagui, Gamal Gibril e Abdel Mohsen Taher, per avere incitato alla violenza, provocando l’uccisione di numerosi manifestanti durante le proteste della scorsa settimana.
Appaiono di dubbia interpretazione, invece, le dichiarazioni compiaciute e compiacenti del presidente siriano Bashar al-Assad, che definisce fallimentare l’esperienza dei Fratelli Musulmani, ritenendo conclusa l’esperienza dell’Islam politico, non soltanto in Egitto. Assad asserisce che “chiunque utilizza la religione per scopi politici è destinato a fallire, non è possibile ingannare un popolo come quello egiziano, detentore di una civiltà millenaria“. Un endorsement che non lascia trasparire nulla di buono, soprattutto se queste parole provengono da un leader politico che ha ridotto alla miseria il suo popolo e che, minimizzando la tragedia perpetrata in Siria, continua ad uccidere il suo popolo con violenze, torture e massacri di ogni genere.
“L’autentica rivoluzione è quella dello spirito, nata dalla convinzione intellettuale della necessità di cambiamento degli atteggiamenti mentali e dei valori che modellano il corso dello sviluppo di una nazione. Una rivoluzione finalizzata semplicemente a trasformare le politiche e le istituzioni ufficiali per migliorare le condizioni materiali ha poche probabilità di successo“.
(Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace)
*Articolo di Valentina Polini, fonte: http://www.siracusa-online.it/egitto-non-sara-un-venerdi-qualunque/