Se il golpe in Egitto accende una guerra santa tra laici e musulmani
Dal confine con l’Egitto gruppi di Hamas e altri gruppi jihadisti sembrano muoversi in massa verso la penisola del Sinai, al confine con l’Egitto dove sembra si stia formando una piccole falange armata destinata ad entrare nel paese per sostenere i Fratelli Musulmani in quella che è diventata a tutti gli effetti una guerra civile, combattuta tra l’esercito e il più antico gruppo religioso organizzato, tra quelli dell’islam legato alla politica. Una storia cominciata nel 1928, dopo il crollo dell’Impero Ottomano, quando i Fratelli Musulmani crearono quella rete sociale di sicurezza che si inseriva lì dove le istituzioni non potevano più arrivare.
Lo stesso meccanismo  si è attivato con la deposizione di Mubarak, i Fratelli Musulmani hanno cercato di sopperire al crollo delle istituzioni tramite la loro rete di assistenza e nel caos hanno proposto un capo politico. Capo politico che ha fallito gli obiettivi che si era posto, a causa sia dell’inesperienza che di una sapiente e paziente attesa dei vertici dell’esercito, esautorati di un potere esercitato quasi ininterrottamente da un secolo. Per poter esautorare Morsi, si è atteso l’ok da Washington, lì dove ora si guarda con preoccupazione all’evolversi della situazione.
Se in Siria il conflitto sembra andare verso una tregua imposta dal Ramadan, Mossad e Cia segnalano forti movimenti di gruppi islamici diretti in Egitto, lì dove siede ancora il numero uno di Al Qaeda, l’egiziano Al-Zawahiri. Recentemente, il medico egiziano ha annullato la fusione dell’ala siriana e di quella irachena dell’organizzazione, al fine di appianare una serie di conflitti interni. Una mossa che sembra voler ricreare una piattaforma comune di partenza per una seconda vita dell’organizzazione terroristica più nota al mondo.
Qual è lo scenario che si spalanca in Egitto? La costituzione sarà cambiata da qui a sei mesi, quando saranno indette nuove elezioni. Nel frattempo, i Fratelli Musulmani hanno tutto l’interesse ad alzare la tensione e visto il primo centinaio di persone rimasto ucciso dagli scontri di questi giorni, la tensione è destinata a salire ulteriormente. Rispetto al 2011 sono partite le ronde anti-strupro, per evitare che si ripeti quanto visto durante le giornate di fuoco di Piazza Tahrir, quando giornaliste straniere furono stuprate per non raccontare quanto accadde.
Il motto dei Fratelli Musulmani è da sempre  “Dio è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire nella via di Dio è la nostra suprema speranza“. Fortunatamente, Jihad non è da intendere come spesso accade come “guerra santa” ma in qualcosa di più complesso, indica quello sforzo interiore, lotta per raggiungere un determinato obiettivo, di norma spirituale, che rende il fedele inamovibile.
La domanda che in molti si fanno è cosa accadrà a dei fedeli inamovibili quando l’esercito continuerà a disseminare morti per le strade. I gruppi in arrivo dal Sinai di Hamas sono molto meno attenti alla distinzione filosofica della jihad, hanno approcci più diretti e pratici a certe questioni. In un momento del genere, l’Egitto deve cavarsela da solo, nessun altro paese della zona può offrire alcun tipo di supporto.
La terra dei faraoni, si appresta a vivere alcune delle ore più buie della sua storia, solo la volontà di ferro di chi ha voluto piantare il germe della democrazia, può evitare che accada il peggio.
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