Aventino PDL, ritiro con stipendio pagato prima della crisi di governo? No, solo chiacchiere
La bomba è scoppiata ieri sera, per la seconda volta (si, siamo già a due) i parlamentari firmano le dimissioni in bianco nelle mani di Berlusconi e rimettono il loro mandato inchiodandolo alla sua inevitabile decadenza da senatore, reclusione da pregiudicato e al tempo stesso, artefice di Forza Italia 2.0. Il risultato? Il premier tra Canada e Stati Uniti perde il suo tempo a spiegare di tornare ad investire in Italia, le borse crollano, Napolitano tira fuori dal cassetto le dimissioni e tutto sembra precipitare.
Sembra precipitare, perché Berlusconi trascina al ribasso la Borsa di Milano in un tanto epico quanto deleterio (per il resto d’Italia, si intende) muoia Sansone con tutti i Filistei ma i tre mesi di offensiva mediatica brutale, come avevamo già anticipato ai nostri lettori ad agosto, non è terminata e non terminerà prima del 4 ottobre prossimo, per quando è previsto il voto in aula sulla decadenza. Nel mezzo ci sono milioni di euro che bruciano sui mercati finanziari, investimenti provenienti dall’estero che rimangono bloccati, funzionari a Bruxelles che riprendono in mano la pratica “Italia” appena posata sullo scaffale a giugno.
Avviare una crisi politica ora non conviene a nessuno, ma le tensioni e soprattutto il progressivo logoramento delle parti, può portare a risultati tanto inattesi quanto illogici. Ormai è chiaro anche a Brunetta e a Berlusconi che scongiurare l’incremento dell’IVA dal 21% al 22% è possibile in tempi brevi solo se si mantengono le rate dell’IMU almeno fino a dicembre 2013, il problema, dopo tanto clamore, è spiegarlo agli elettori del PDL. Piuttosto che affrontare la cruda realtà , meglio far saltare il tavolo, mandare tutto a scatafascio e tornare in sella. Peccato che il cavallo stia per essere abbattuto e si faccia di tutto per evitare la cura da cavallo e ci si ostini a cavalcare senza meta.
Non assisteremo a nessun Aventino da parte del PDL, l’uscita fisica dei parlamentari del PDL dalle aule del Parlamento sarebbe ripagata dall’elettorato italiano con un pessimo risultato, dato che l’assente in Parlamento non è soggetto ad alcuna sanzione disciplinare e può perfettamente percepire il suo stipendio, nonostante l’assenza. Sarà difficile spiegare agli italiani, sempre più delusi e sfiduciati, che i parlamentari si rifiutano di lavorare e lo fanno continuando ad usare soldi pubblici.
In tal senso, il mondo del calcio insegna alla politica: Kakà , dipendente Berlusconi, si è autosospeso lo stipendio fino a quando non sarà in grado di tornare a giocare. Sarebbe il caso che chi non è in grado di lavorare per il proprio paese, iniziasse a fare altrettanto.
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