Accordo sulla produttività , firmano tutti tranne la Cgil. Sul piatto, balla ancora la tassazione delle tredicesime
Le parti sociali presenti all’incontro conclusosi ieri sera hanno dato tutte il loro via libera alla firma del nuovo accordo sulla produttività redatto dal Ministro Fornero con la supervisione di tutto il Consiglio dei Ministri. Sul documento finale, è stato raggiunto l’accordo con Abi, Ania, Confindustria, Lega cooperative, Rete imprese Italia, Cisl, Uil e Ugl.
Fino all’ultimo il Ministro Fornero ha provato a chiedere a Susanna Camusso di partecipare al tavolo e ancora stamattina il premier Mario Monti ha auspicato una firma della CGIL all’accordo raggiunto,
Non parlerei di ripensamento, ma diamo per scontato che in presenza di un’evoluzione del pensiero questa possa avvenire in tempi brevi. La sigla anche da parte della Cgil avrebbe un grande significato ma non per la validità dell’accordo e dell’impegno del governo
Ma in cosa consiste questo importante patto raggiunto, e perché la CGIL è ferma sulle sue posizioni?
Nella legge di Stabilità uno stanziamento complessivo 2,1 miliardi per il periodo 2013/2014, ponendo come condizione per erogare questi incentivi finanziari che le parti trovassero un accordo adeguato a tali finalità . Negli specifici contesti produttivi, efficaci e mirate misure di incremento della produttività ; consente di adeguare la regolamentazione contrattuale dei rapporti di lavoro alle esigenze degli specifici contesti produttivi di riferimento, anche con riguardo alle materie che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività  quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro.
In due parole, maggiore flessibilità sui singoli contratti nazionali che possono essere modificati con inserimenti di bonus e malus, con il fine di detassare il salario di produttività . Ma secondo la Camusso, questo sistema comporterebbe un ulteriore decrescita insostenibile del potere d’acquisto dei lavoratori. In particolare, questa misura non permette la detassazione delle tredicesime e garantisce entrate copiose e costanti alle casse dello Stato.
In questa guerra sul mondo del lavoro, gli unici dati concreti di riferimento sembrano essere quelli provenienti dall’Istat che parla di economia praticamente stagnante dal 1992, aggravata dalla crisi economica che negli ultimi due anni ha tramutato la stagnazione in recessione.
La mancanza di investimenti e di spese per migliorare la produttività generale del lavoro, ha lasciato il quadro quasi del tutto invariato, con un aumento dal 1992 al 2011 dell’1,1% del valore aggiunto.