Recensione Film: Come pietra paziente
Atiq Rahimi trasforma un bellissimo romanzo in una più che degna opera cinematografica. Si tratta di un dramma interamente girato in Afghanistan che, al pari dell’omonimo libro da cui è tratto, mischia storici antipodi, quali tradizione ed emancipazione, religione e rinnegazione.
Una leggenda afgana di origini persiane racconta della Syngué Sabour, una magica pietra con l’unica funzione di catalizzare e farsi peso di tutte le sofferenze, i mali e i dispiaceri che vengono vissuti giorno per giorno e che si decide di raccontarle. La pietra assorbe tutta l’energia negativa dovuta ai patimenti di cui la persona che ne usufruisce le racconta, finché, oppressa dal peso delle confessioni, non si frantuma, liberando per sempre il proprietario dai mali narrati.
Tale funzione, però, viene svolta inconsciamente da uno sfortunato eroe di guerra in coma, catalizzatore di tutti i più oscuri segreti e patimenti della moglie. Ed è proprio lei la protagonista di questa storia. Avendo vissuto per un decennio all’ombra di un marito che non la valorizzava e non stava nemmeno a sentirla, questa donna, nel dolore per il terribile stato del coniuge, riscopre la sua libertà e la sua femminilità , prendendo coscienza del suo corpo e dei suoi reali bisogni da donna.
Non potendo permettersi di parlare delle sue ansie e delle sue vergogne alle due figlie molto piccole, nei momenti di solitudine fa del comatoso marito la sua Syngué Sabour, rendendolo partecipe di tutte le privazioni e le ingiustizie che ha dovuto subire mentre lui era sul fronte e di tutti i modi in cui, finalmente liberà , è riuscita a ritrovare se stessa.
L’opera filmica, al pari del romanzo, è di eccelsa natura. Molto ben curato lo spettro emotivo della protagonista, vittima di una vita che le è stato impedito vivere e che sta riscoprendo solo grazie all’assenza della figura alla quale si sentiva indissolubilmente legata e subordinata. Le inquadrature sono poesia e i volti sembrano ritratti di una realtà scissa ed estranea a quella nostra, quale poi è quella afgana, devastata dalle continue guerre interne e non, le quali danneggiano i poveri ed inermi civili, coinvolti loro malgrado.
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