Lo Stato non ama la sigaretta elettronica, questione di tasse*
Oltre 200 milioni di euro di gettito persi in tre mesi, tra dicembre e febbraio, con un ammanco di 132 milioni nella casse dello Stato nei soli 2 primi mesi dell’anno. L’effetto combinato della crisi economica e del conseguente calo dei consumi (o, in alternativa, dell’aumento del consumo di prodotto di contrabbando), più l’arrivo sul mercato delle sigarette elettroniche (le e-cig) si sono tradotte in un calo nell’incasso da accise sul tabacco di circa il 7,6%. Il 40% di questa cifra (circa 24 milioni) sarebbe imputabile, secondo i dati delle Finanze, proprio agli ‘svapatori’.
La notizia non è proprio di quelle da prendere sotto gamba. Il giudizio in grado di stoppare uno dei business più redditizi degli ultimi anni non arriverebbe direttamente dal Ministero dell’Economia, bensì dal Ministero della Salute che non si è ancora espresso sulla validità o meno della sigaretta elettronica, oltre che la sua presunta pericolosità .
Ad oggi sono solo due i casi di “esplosione” di sigarette elettroniche accertati mentre non è ancora stata accertato alcun rischio per la salute derivante dal cosiddetto “atomizzatore” che permette di sciogliere in vapore acqueo, nicotina ed essenze il liquido che viene usato nelle sigarette elettroniche.
Un risparmio che affossa le entrate dello Stato e su cui anche la Guardia di Finanza vuole vederci chiaro, visti interessi “trasversali” che un tale volume di business può attrarre in breve tempo.
*Patty Tempest
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