Lance Armstrong rinuncia a difendersi e gli tolgono 7 Tour. Il ciclismo moderno sull’orlo del baratro
Dal 1998 il doping ha sempre, incessantemente, stravolto le classifiche delle grandi corse del ciclismo. Squalifiche arrivate per uso di EPO, anabolizzanti, farmaci che fluidificavano il sangue e miglioravano le prestazioni sportive, trasfusioni di sangue per pulirlo in vista delle visite a sorpresa dei gendarmi in Francia e dei carabinieri in Italia. I grandi campioni dei nostri tempi, Lance Armstrong, Alberto Contador, il defunto Pantani saliti sul trono della storia del ciclismo e precipitati giù, nella polvere più nera. Che senso ha uno sport che non esprime più un campione pulito?
Chi pratica ciclismo a livello non professionistico guarda ai ciclisti di oggi come alieni, non umani, in grado di superare fatiche sovrumane. Ad oggi, la sensazione è che solo i fessi riescano a farsi beccare e ad essere puniti con pene esemplari, i pesci piccoli, i gregari che tirano la carretta e quelli che non vinceranno mai nemmeno una Parigi-Roubaix o la Vuelta passeranno la loro carriera a drogarsi e stravolgere il proprio fisico per poter rimanere dietro ai pedali di chi vince a mani basse. E tanto. Normale chiedersi se qualcuno ad oggi è in grado di vincere le grandi corse a tappe senza un aiutino, arrivando magari a vincerle tutte e tre in un anno. Se il problema, incoffessabile dei ciclisti moderni è il sovraffollamento delle gare, per ridare credibilità ad un circolo di drogati sui pedali, non sarebbe più giusto ridurre il numero di corse? Se il limite umano di resistenza alle corse è già stato superato, per amore di questo sport e dei suoi tifosi, non sarebbe forse più giusto fare un passo indietro?
Il ciclismo moderno è sull’orlo del baratro, accostare le immagini epiche dei grandi del passato, capaci di gesti umani e sportivi eroici, ai nostri campioni contemporanei, poveri uomini schiacciati dalla pressione del successo è doloroso. Occorre cambiare marcia, prima che sia troppo tardi.