Nonostante gli attacchi, anche la Cgil presenta la sua agenda, tutta incentrata su lavoro e sviluppo
Sia che la nostra lingua ufficiale fosse rimasta il latino, sia in italiano contemporaneo, l’agenda Ä— quel mezzo in cui vengono scritte le cose da fare, una delle parole chiavi da 2 anni a questa parte. Dopo l’agenda dell’Unione Europea e l’agenda Monti, arriva a distanza di ben 64 anni dall’ultima, un’agenda della Cgil.
Era dal 1949 che un segretario del primo sindacato italiano non presentava un piano così ampio e articolato. Un piano triennale da 50 miliardi di euro, incentrato su lavoro e sviluppo. Basandosi su uno studio econometrico del Cer, Centro Europa Ricerche, in grado di produrre un aumento del PIL del 3,1% entro il 2015, con un picco previsto nel 2013 dell’1,9%.
Anche i livelli di disoccupazione dovrebbero calare passando dal 12%, secondo i dati ufficiali, all’8%, con sensibili miglioramenti anche nelle capacità di spesa delle famiglie italiane, con un +2,2% di rialzo ed un impressionante +10% nell’aumento delle capacità di investimento.
La formula magica sta nell’incentrare direttamente e subito 15-20 miliardi nella creazione pressoché diretta di posti di lavoro, mentre altri 5-10 miliardi andrebbero dirottati verso la tutela dell’occupazione e dei posti di lavoro, tra i 10-15 miliardi all’ammodernamento del welfare, tra i 4 ed i 10 miliardi per i progetti operativi per la banda larga e almeno 15-20 miliardi per la restituzione fiscale.
Un piano altamente ambizioso che ha un’unica, grande pecca. Rischia infatti di non vedere la luce a causa di miopie particolaristiche e logiche da campagna elettorale. Se come sembra questa agenda non tiene conto della tenuta dei conti dello Stato e, fino ad ora, l’agenda Monti in 13 mesi di governo è stata incentrata sul salvataggio dei conti dello Stato, numeri che schiacciavano l’economia ma che hanno avuto effetti pesanti sulla vita dei cittadini.
Basterebbe un sereno lavoro di sintesi, di limatura di varie spigolature tra i vari programmi messi in campo per poter trovare la giusta formula per poter parlare di sviluppo in maniera concreta, senza subire i deragliamenti che ci hanno portato sull’orlo del default. La discesa in campo di Monti ha spezzato definitivamente quella pax armata imposta dal Quirinale che paga con un crollo verticale di consensi il suo ufficio, passato dal 60% di fiducia a meno del 45%.
La vertenza Alitalia, la questione Monte dei Paschi di Siena, l’uscita progressiva di FIAT dal mercato italiano, 150.000 esodati creati per avere una riforma delle pensioni all’avanguardia ma di cui occorre occuparsi, una guerra in Africa occidentale e la spesa per i nuovi armamenti sono tutte questioni che il prossimo governo dovrà affrontare appena insediato e che inevitabilmente, stopperanno qualsiasi possibilità di serena discussione attorno ad un tavolo che si annuncia più diviso di prima.
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