Qualche testa, rotolerà per questo. Bersani si affonda da solo
Il risultato politico venuto fuori tra ieri sera ed oggi, è che Bersani è un uomo, solo, al comando di non si sa cosa. Rosy Bindi, presidente del PD, lo ha silurato ieri sera, mentre adesso il segretario pagherà le sue scelte strategicemente incomprensibili. Dopo i no ostinati a Berlusconi per il governo di larghe intese, ha rifiutato categoricamente l’accordo per il Movimento Cinque Stelle su di un nome estremamente interessante, come quello del primo presidente del PDS, Stefano Rodotà .
Una totale assenza di pianificazione strategica che ha portato allo scontro aperto tra le varie correnti interne del PD, motivo spesso di ricchezza culturale di punti di vista, ma che a certi livelli di tensione rischia di far saltare in aria la casa dei democratici italiani. La svolta ad U nelle trattative per il Presidente della Repubblica ha spiazzato tutti, dagli elettori ai dirigenti ed ha messo in evidenza tutti i limiti del PD in questa fase.
Nel pomeriggio, chiede a Franco Marini un passo indietro per sbloccare la situazione, ma Bersani rimane ostaggio del no fermo del politico abruzzese, non votato dai suoi elettori, trombato alle ultime elezioni e convinto di spuntarla alla quarta votazione.
A questo punto, vista la confusione mentale del segretario PD, prima di essere sfiduciato del tutto dal suo partito prima del prossimo congresso, lasciamo una considerazione politica e strategica da non prendere sottogamba.
Il voto compatto verso Stefano Rodotà porterebbe il primo garante della privacy italiano ad essere eletto con un massimo di 658 voti, senza conteggiare i franchi tiratori. Il voto compatto verso Franco Marini avrebbe dovuto portare a ben 836 voti, ma dal primo scrutinio mancano ben 314 voti, come se l’intero Senato avesse voltato le spalle.
A questo punto, sono chiare due cose: la scelta di Bersani ha bruciato Marini, i segnali erano chiari da almeno 3 giorni, si poteva evitare il “bagno di sangue”. La seconda cosa chiara, è che l’accordo su Rodotà , fortemente voluto dall’elettorato di centrosinistra, salderebbe in un colpo solo gran parte del paese, gettando le basi di un governo in cui PD e Movimento Cinque Stelle potrebbero effettivamente lavorare insieme, mettendo in un angolo il PDL, ma costerebbero la poltrona di segretario a Bersani, costretto ad andarsene.
Cosa fare allora? La scelta dipende dall’obiettivo che si intende raggiungere. Se l’obiettivo è dare una risposta rapida al rebus per il Quirinale saldando il paese, la scelta è quella di Rodotà , se Bersani intende salvare la poltrona, ottenere larghe intese e sperare in un governo guidato da lui, dovrà lanciare nella mischia direttamente Massimo D’Alema e Luciano Violante. Comunque vada, come accade alla regina de Alice nel Paese delle Meraviglie, qualche testa, rotolerà per questo.
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