Attentato a Palazzo Chigi, il quadro non è completo
La dinamica dei movimenti di Luigi Preiti davanti Palazzo Chigi, sono ormai note. Le immagini a riguardo sono abbastanza chiare, anche la ricostruzione fatta sul campo, lascia poco spazio a supposizioni. I sette colpi di pistola e le situazioni cliniche di Giangrande non lasciano molto spazio per altre versioni dei fatti, in tal senso è bene fare semmai molta attenzione ad un’altra serie di fatti che lasciano spazio ad una serie di considerazioni che inquadrano “l’attentato” di Preiti in un quadro diverso a quello prospettato finora, uno schema spesso usato in momenti cruciali della nostra Repubblica.
In tal senso, ci sono una serie di dati che non quadrano. Se davvero Preiti era in difficoltà economica, dove ha trovato i soldi per il viaggio da Alessandria verso Roma? I fondi, probabilmente, potrebbero far parte di un “gruzzolo” messo da parte da Preiti o da una fortunata vincita al video-poker, gli stessi fondi potrebbero avergli permesso di acquistare l’arma al mercato nero ma di sicuro, non spiegano quello che aveva in tasca Preiti il giorno della sparatoria.
Dagli inquirenti è trapelato come Preiti avesse in tasca altri 50 proiettili con i quali si era esercitato in campagna, cosa avrebbe dovuto fare con quel carico di munizioni? E soprattutto, cosa segnavano i 3 punti della cartina di Roma ritrovata in tasca al 40enne originario di Rosarno?
Un altro aspetto su cui occorre fare chiarezza, riguarda anche lo stato psico-fisico di Preiti. Da poco tempo lui stesso ha dichiarato di fare uso di sostanze stupefacenti che notoriamente creano dipendenza ed accelerano alcune funzioni fisiche e mentali, sostanze che mal si conciliano con chi progetta un gesto eclatante da diverso tempo. Non solo, occorre capire anche in che condizioni Preiti ha agito. Se sotto effetto di sostanze stupefacenti, il suo gesto può trovare una giustificazione relativa all’uso di droghe pesanti, ma è alquanto improbabile che si possa scambiare un carabiniere in assetto anti-sommossa da un politico, dato che il politico può anche essere riconosciuto a distanza.
Infine, c’è un altro piccolo “dettaglio” inquietante. Se al posto di Preiti ci fosse stato un commando organizzato, la “falla” nel sistema di sicurezza avrebbe permesso di radere al suolo Palazzo Chigi e mettere a serio rischio la vita di alcuni dei ministri incaricati.
Come spesso è capitato, attacchi “mirati”, eventi eclatanti permettono alle istituzioni di compattare le fila e di tagliare alla radice qualsiasi elemento di discussione e di dissenso. Un metodo noto a molti di quei parlamentari che quasi 10 anni fa, al grido di “o con noi, o con i terroristi” hanno sottaciuto molte cose che hanno portato a limitazioni del diritto alla privacy di ognuno di noi, immolato sull’altare della sicurezza.
Le indagini su Preiti non possono ancora dirsi concluse e molti tasselli non sono ancora al loro posto, nella ricostruzione di questa vicenda. Un corretto lavoro degli operatori dell’informazione e dei magistrati non deve lasciare spazi bianchi o aree grige a riguardo, in campo c’è molto di più di un caso di tentato omicidio preterintenzionale.
var addthis_config = {"data_track_clickback":false,"data_track_addressbar":false,"data_track_textcopy":false,"ui_atversion":"300"}; var addthis_product = 'wpp-3.5.8';