Proteste studentesche, manifestazioni e guerriglia urbana, qual è il limite
Dopo la condanna unanime, il giornalismo italiano si compatta, agendo al limite del reato di istigazione alla violenza, ma facendo notare qualcosa che non sembra minimamente rimbombare nelle sale dei partiti, avvitati più che mai nell’esercizio del rinnovo del potere, sordi e ciechi nei confronti di un mondo che è cambiato.
La crisi economica ha istigato un paese intero a reagire rabbiosamente, le sale dove si esercita il potere di ogni popolo democratico, fatto di seggi elettorali e di schede su cui scegliere si svuotano, la scelta passa dalle piazze, la rabbia si sfoga in tutto ciò che rappresenta le istituzioni, dai palazzi governativi fino alle forze dell’ordine, dai luoghi che la crisi l’hanno generata, come banche e sedi delle imprese assicurative.
Il governo è a conoscenza sin da settembre di come ben 5 milioni di persone si sarebbero riversati in continue proteste ed escalation di violenza ma non è sembrato preoccuparsene più di tanto.
Le ragioni della protesta sono tacitamente accettate da tutti, persino dalle forze dell’ordine che devono reggere la forza d’urto della rabbia in piazza, tacitamente il giornalismo italiano chiede “il disarmo” con manifestanti e agenti in piazza che agiscono a braccetto. Una situazione che getterebbe nel caos il paese, molto più pericolosa di qualsiasi violenza di piazza. Se la protesta dei manifestanti e delle forze dell’ordine si salda, non esiste più alcuna difesa dei palazzi della politica di fronte alla rabbia popolare, le istituzioni sarebbero prive di difese e qualsiasi cosa, a quel punto, sarebbe possibile.
Uno scenario simile, in Italia, non si realizzerà mai ma il limite potrebbe presto essere portato più in avanti. Nel mondo di oggi le immagini, le idee e le parole viaggiano ad una velocità impressionante, velocizzando dinamiche che in passato hanno impiegato anni. Per fare un esempio, se Facebook fosse esistito ai tempi della Rivoluzione Francese, in un paio di giorni si sarebbe organizzata una protesta a livello europeo coordinata tra i vari paesi e l’ascesa di Napoleone sarebbe stata più rapida.
In piazza, al momento, ci sono solo i disoccupati, gli studenti e chi vede il proprio posto di lavoro a rischio. La maggior parte di chi non andrà a  votare è a casa, in attesa degli eventi. Chi al momento è in piazza sa che la ricetta dell’austerity non è l’unica ricetta per superare la crisi e non accetta che il proprio futuro possa essere limitato o distrutto dalla cecità della classe dirigente che non riesce a costruire nessun progetto a medio-lungo termine.
Esistono due vie d’uscita da questa situazione. O si portano in piazza gli italiani “indecisi e delusi”, cercando di saldare le varie anime della protesta a quella delle forze dell’ordine oppure si riporta lo scontro e la tensione sociale nei luoghi che la democrazia ha creato, quelli fatti dai seggi elettorali, dalle proposte costruttive ed alternative. Siamo di fronte ad un bivio, la scelta al momento, è ancora possibile.
var addthis_config = {"data_track_clickback":false,"data_track_addressbar":false,"data_track_textcopy":false,"ui_atversion":"300"}; var addthis_product = 'wpp-3.5.8';