Roberto Saviano racconta come i narcotrafficanti mondiali sono entrati nelle banche, ma finora, Zero reazioni

La presentazione del nuovo libro di Roberto Saviano, chiamato Zero Zero Zero, non è un qualcosa di ascrivibile semplicemente alla presentazione di un’inchiesta giornalistica, un volume erudito sulla filiera della cocaina, descritta come una farina molto particolare che da un lungo processo chimico giunge lungo le narici di milioni di persone. Non è nemmeno un libro che indaga soltanto sul fatto che la cocaina sia ormai una sorta di analgesico moderno per sostenere i ritmi della vita frenetica, con la scuola e le istituzioni che hanno progressivamente abbandonato la lotta culturale a quella che è e rimane, una droga pesante. Tanto pesante da essere il bene con i profitti più alti al mondo.

Nemmeno il petrolio o l’oro possono garantire flussi così costanti di guadagno, considerando che la produzione di cocaina è una forma di “energia rinnovabile” all’infinito. La creazione di un kilo di coca e la sua distribuzione porta a profitti del +235% nella vendita al dettaglio e come tale, genera un’industria che ha una quantità di denaro liquido a disposizione impossibile da poter avvicinare, o da stimare in modo preciso, ma che può superare benissimo i profitti annui della Apple o di alcune compagnie petrolifere.

Un business così redditizio non ha concorrenza, ma si basa su regole spietate di monopolio. Chi gestisce l’attività ha adottato tutti i riti ed i metodi delle mafie italiane, fatte di un rapporto feudale con il capo e riti massonici mascherati dal misticismo cattolico. Poi, con quei soldi ha costituito un esercito così potente da poter decidere i destini dei contadini e delle popolazioni che producono la cocaina, tenendo i salari bassi e distruggendo ogni forma di sviluppo alternativo.

Ma la cosa più deflagrante detta ieri da Saviano in occasione della presentazione ufficiale da Che Tempo Che Fa riguarda il flusso di denaro arrivato dal 2008 fino ad oggi dai narcos fin dentro le casse delle banche di tutto il mondo, svuotate dalla crisi subprime e dal credit cruch che hanno tolto liquidità ai mercati mondiali. In due parole, quando l’alta finanza ha bruciato tonnellate di denaro reale per le sue bolle speculative, sono stati i cartelli della droga a pompare liquidità nelle banche, entrandovi non più da clienti ma da padroni.

Tutto questo è stato accuratamente tenuto sotto silenzio in questi 5 anni, ma le conseguenze, sono facilmente intuibili. I porti europei non riescono effettivamente a tenere sotto controllo le tonnellate di stupefacenti che invadono il continente, grazie ad una rete impossibile da smantellare fatta di controllo discreto ma continuo da parte della malavita internazionale. La Grecia in crisi è diventato uno dei fronti più scoperti di questa invasione, con i cartelli della droga che si sono appena assicurati sbocchi importanti sul Pireo per assicurare flussi costanti.

Quello che sembra mancare in questa analisi autorevole, è forse un’ingenua dimenticanza, o una saggia traccia lasciata al lettore affinché possa approfondire da solo e giungere alla conclusione più ovvia, ed insieme sconvolgente e deflagrante.

Il volume mondiale di traffico di stupefacenti non può e non deve essere interrotto perché è parte integrante del sistema capitalistico occidentale e se possibile, si deve tenere sempre costante un certo volume di domanda. Parte di questo mercato è regolato e attenzionato da pezzi di servizi segreti e società ristrette per gentiluomini e massoni che non intendono bloccare per nessun motivo questo flusso sicuro di denaro contante, in grado di spostare gli assetti e gli equilibri politici ed economici mondiali.