Renzi, Barca e Letta per lo scontro finale nel PD
Il buono, il brutto ed il cattivo prendono i panni del rottamatore, dell’uomo di governo e del vicesegretario dimissionario, sfiduciato per la prossima fase dal suo presidente, Rosy Bindi. Segnale della polverizzazione di un partito vittima dei suoi errori, incapace di scelte coraggiose perché intrappolato da logiche interne che oscillano paurosamente dalla lealtà a tutti i costi all’assenza di un vero dibattito interno sui contenuti, più che sulle parole.
Lì dove era stato possibile ricompattare il partito attorno al nome di Romano Prodi, durante la corsa al Quirinale, si è consumato il vero dramma del PD, incapace di dire no nel momento in cui conta e di impallinare il suo fondatore, per la terza volta tradito dai suoi, con ben 205 voti contrari. Una disfatta che nasce dall’incapacità doppia del PD, sia dei suoi elettori, che dei suoi dirigenti.
Le primarie hanno incoronato il cavallo zoppo Bersani, la base per prima non ha creduto al cambiamento chiesto dal sindaco di Firenze, salvo poi pentirsene dopo le elezioni e bruciare le tessere in piazza, dopo aver capito che la richiesta di Rodotà non sarebbe nemmeno stata ascoltata, per principio più che per valide ragioni.
Matteo Renzi sconta il suo “effetto Cassandra” che lo ha portato ad una guerra aperta con la dirigenza del PD, azzerata da sabato. Se la sua battaglia interna ha avuto successo, è innegabile come gli attacchi frontali ricevuti abbiano indebolito la credibilità interna del PD. Quando la Finocchiaro da del miserabile ad una persona del suo stesso partito, ci si chiede come mai il trattamento più duro sia riservato ad un dirigente del suo stesso partito e non al nemico politico, Berlusconi. L’elettore PD, già confuso e deluso, assisterà allo scontro totale tra tre possibili successori di Bersani.
Matteo Renzi, leader che per la sua spregiudicatezza nel cercare voti anche dal centrodestra, viene avvertito ormai come un corpo estraneo, troppo europeo il suo approccio alla politica italiana.
Enrico Letta, uomo del dialogo, è la diretta prosecuzione con il passato, nipote di Gianni Letta ed uno dei pochi uomini Bildeberg per l’Italia, rappresenta la scelta di chi intende mantenere un filo comune con il passato.
Infine l’attuale Ministro per la Coesione Territoriale Fabrizio Barca, neoiscritto PD, durante le ore concitate del Quirinale ha atteso la sesta votazione per esprimere la sua apertura verso Rodotà e rappresenta la sinistra di governo con il vantaggio di un’esperienza diretta nel governo Monti, dal 2011 ad ora. La sua presenza nel governo Monti è insieme il suo maggior pregio ed il suo maggior difetto, agli occhi del PD.
Nel partito c’è chi chiede ancora una rielezione di Bersani, segno di un paese e del suo principale partito che non riesce e non vuole proprio cambiare, più rassicurato dalle solite facce, dai soliti schemi del passato piuttosto che fare un balzo in avanti, a costo di azzerare gli equilibri del passato.
var addthis_config = {"data_track_clickback":false,"data_track_addressbar":false,"data_track_textcopy":false,"ui_atversion":"300"}; var addthis_product = 'wpp-3.5.8';