Aldo Moro e Peppino Impastato uniti da un filo rosso, tessuto da Andreotti all'ombra di Gladio
Le giornate di commemorazione possono sempre trasformarsi in vuoti cerimoniali, pomposità inutili in cui la ritualità oscura la discussione su cosa realmente accadde. Una giornata dedicata, quella di oggi, a tutte le vittime di stragi, mafiose, terroristiche, di Stato. Due vittime eccellenti morirono lo stesso giorno, il 9 maggio 1978, la notte nera della Repubblica. Da un lato, Aldo Moro, creatore del governo di unità nazionale con i comunisti,  Presidente del Consiglio rapito dalle Brigate Rosse, al culmine della loro strategia, tesa ad uccidere i nemici del sistema e mettere in crisi la sinistra parlamentare. Dall’altro Peppino Impastato, testimone diretto di un segreto militare che contribuì alla sua condanna a morte, fatta per mano di Tano Badalamenti, contattato per tempo da Roma la notte del 9 maggio.
La Storia ha confermato come Andreotti avesse avuto informazioni dalle intelligence sicure riguardo il luogo del nascondiglio in cui venne “processato” Aldo Moro. Il suo rapimento avvenne il 16 marzo, proprio mentre Andreotti prendeva la fiducia in Parlamento e nelle lettere inviate da Moro durante la sua prigionia, le parole aspre rivolte al Divo Giulio si moltiplicavano. Andreotti dovette far due conti e valutare come Moro potesse valere di più per la Repubblica da morto che non da vivo, specialmente se il governo di unità nazionale voleva rimanere in piedi ancora a lungo e si voleva attuare la “politica dei due forni” indebolendo le Brigate Rosse.
Nel frattempo, in Sicilia un giovane comunista, contrario al boss locale nonostante avesse a lungo sfamato la sua stessa famiglia, scopre qualcosa di molto scottante il 5 maggio del 1972 quando un aereo Alitalia finì “schiantato” contro Montagna Longa. Peccato che sulla fusoliera furono trovati tre grossi fori compatibili con proiettili anti-aerei e lo stesso Impastato parlò di un campo para-militare gestito da personaggi della destra eversiva.
Non poteva sapere che proprio lì si trovasse una delle basi segrete di Gladio, l’organizzazione paramilitare attiva dal dopoguerra che aveva il compito di evitare qualsiasi rivolta comunista fino agli anni ’50 e poi venne usata fino alla fine degli anni ’80 per tutti i “lavori sporchi” senza dover far intervenire direttamente l’intelligence. L’appoggio logistico in Sicilia comportava varie “connivenze” e come noto alla Storia, Andreotti fino alla fine degli anni ’80 aveva i suoi referenti sull’isola che erano incaricati di tenere a bada le “teste calde” e assicurare voti alla DC.
Badalamenti aveva emesso la sua condanna a morte da tempo, ma “uomini in grigio”, tramiti sfuggenti e sempre sullo sfondo delle stragi di Stato o di atti eclatanti, fecero trapelare la notizia che si sarebbe dovuto pazientare. La data esatta, fu comunicata da Roma, dove fu dato il lasciapassare per imbastire un finto attentato in cui Peppino Impastato sarebbe rimasto ucciso.
Dopo 25 anni questa Storia stenta a venire fuori, rimangono sussurri nel buio, spifferi di un legame che nessun magistrato potrà mai ricostruire, tanto fitta è la trama e lungo il filo rosso che lega la morte di Peppino Impastato alla data di morte di Aldo Moro.
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