Andreotti, un uomo definito Belzebù

I suoi avversari politci lo chiamavano Belzebù, nome che Craxi gli cucì addosso, nonostante la sua appartenenza alla DC fosse cominciata durante l’Assemblea Costituente che lo vide assieme ad altri a scrivere la Costituzione della Repubblica Italiana. I suoi contatti con gli USA, nonostante la giovane età permettono di collocare l’apporto di Andreotti alla ragion di Stato sin dai suoi esordi, portandolo ad avere un ruolo ombra nell’eccidio di Portella della Ginestra, occasione unica per fermare il moto di protesta di Salvatore Giuliani e sedare le rivolte contadine in Sicilia, con la complicità di una mafia rafforzata dal ruolo avuto nello sbarco degli americani per la riconquista della penisola italiana. Ma il Divo Giulio, com’era chiamato dai suoi estimatori, era solo all’inizio di una carriera unica.

Un cattolico fervente e credente, non rinunciava mai alla sua messa domenicale e poteva contare su un portafoglio elettori di 500.000 persone nella sua circoscrizione di Roma. Mai sopra le righe, sapeva essere tagliente come una lama fredda che scivola nella notte. Il potere logora solo chi non ce l’ha è la più famosa, forse il suo vero elisir di lunga vita che lo ha portato a spegnersi all’età di 94 anni, mentre si era ritirato a vita privata, nonostante da senatore a vita avesse tenuto in vita il governo Prodi, affossato da alcuni senatori su cui pendono ancora indagini.

I suoi rapporti con il Vaticano sono sempre stati ottimi ed attraversano tutta la sua storia. Nel colpo di stato progettato da Borghese una sua telefonata silenziosa spense quel tentativo, mentre quando scoppiò lo scandalo del Banco Ambrosiano, un suo cenno bastò a far suicidare Roberto Calvi a Londra. Sempre a lui, viene attribuito quanto accade a Ustica, con il fallito tentativo di uccidere Gheddafi mentre il suo rapporto con la mafia non bastò a salvare Lima e lo portò a fallire l’unica carica mai raggiunta in vita sua, quella di Presidente della Repubblica.

La storia dirà che Andreotti è stato “punciuto”, ovvero è entrato a far parte della mafia, di sicuro parte della strategia stragista di Riina e “menti finissime” era un poderoso avvertimento di un cambio di potere al vertice. Nella notte più buia della Repubblica, quando Aldo Moro era nelle mani delle Brigate Rosse, sul suo tavolo arrivò un’indicazione dei servizi segreti che indicava il covo in cui era nascosto. Papa Paolo VI lo voleva libero, nella DC la linea della fermezza vacillava e trovava sponda in quel centro-sinistra che Moro iniziava a rappresentare. Andreotti umanamente ne sofferse parecchio, ma valutò la figura di un Moro morto per lo Stato più utile alla causa, piuttosto di un uomo ridotto all’umiliazione e allo Stato che tratta con i terroristi.

Il primo governo di coalizione nacque sotto quella stella, fatta di nemici storici seduti allo stesso tavolo per tenere unita la Repubblica. Giornalista nato nel 1919, è stato 7 volte Presidente del Consiglio, 8 volte Ministro della Difesa, 5 volte Ministro degli Esteri, 3 volte Ministro per le Partecipazioni Statali, 2 volte Ministro delle Finanze, 2 volte Ministro del Bilancio, 2 volte Ministro dell’Industria, una volta Ministro del Tesoro, una volta Ministro dell’Interno, una volta Ministro per i Beni Culturali e per gli Affari Europei e presente dalla Prima fino alla XVII legislatura.