Muos, la decisione per Niscemi slitta al 6 giugno
La visita a sorpresa ieri dell’ambasciatore americano alla base di Niscemi è stato un preciso segnale. L’amministrazione americana è seriamente preoccupata per quello che potrebbe accadere da qui al 6 giugno, quando il TAR si pronuncerà riguardo al ricorso presentato dall’Avvocatura dello Stato contro la Regione Sicilia che aveva revocato il permesso per la costruzione della base.
Sul reale rischio per la popolazione la questione è estremamente semplice. Le microonde friggono anche a distanza qualsiasi componente, organico o meno, contenente acqua, cuocendolo dall’interno e qualsiasi studio di ricerca americano o commissionato dall’amministrazione americana è portato a minimizzare rischi concreti.
Persino il nucleare viene presentato come sicuro, ma l’esperienza di Fukushima è lì a ricordare perennemente come l’unica sicurezza è quella della stupidità umana a negare l’ovvio, specialmente se in mezzo ci sono fini militari o scorrono fiumi di denaro. Grazie a quanto visto durante la crisi con la Corea del Nord, gli USA hanno altri sistemi di difesa in grado di intercettare testate nucleari a breve raggio,  mentre in collaborazione con la NASA si stanno cercando di capire al meglio i meccanismi che regolano le fluttuazioni della ionosfera per poter in un futuro non troppo remoto, usare nuovi tipi di armi.
L’utilità del MUOS come componente dello scudo spaziale è in forte dubbio, il sistema può essere riconvertito per altre attività militari ma quello che al momento conta, è la capacità di autodeterminazione di un popolo che decide liberamente cosa fare sul proprio territorio, la validità o meno dello Statuto Siciliano ed il primato legislativo assoluto dello Stato anche nelle regioni a Statuto Speciale.
La partita è alquanto complessa, da un punto di vista strettamente costituzionale lo Statuto Siciliano è integrato nelle leggi dello Stato e la decisione sul MUOS spetterebbe per intero alla Regione, nonostante l’esistenza di accordi tra il Ministero degli Esteri e l’amministrazione americana. La visita a sorpresa di Donald Moore ieri però non lascia presagire niente di buono.
Se il TAR dovesse bloccare la procedura di dismissione dell’area imposto dalla legge approvata all’ARS, i pacifisti che affollano la base sarebbero presto sostituiti da gruppi armati e organizzati di anarchici, gruppi che in realtà si stanno già organizzando partendo da Torino, forti delle esperienze e dei contatti con i No Tav.
La storia siciliana insegna che nonostante la naturale predisposizione dell’isola ai passaggi di diversi popoli, le “cacciate degli invasori” non sono mai dei pranzi di gala. Nel caso dei vespri siciliani la rivolta assunse i contorni di una caccia alle streghe, ma in questo caso, le condizioni di partenza sono diverse. Non esiste alcun rischio per le altre basi USA sul territorio e i lavori subappaltati ad aziende in odor di mafia non lasciano certo presagire “schieramenti” da parte della criminalità organizzata.
Tuttavia, il rischio concreto sia di infiltrazioni criminali che di un’escalation di violenza nella zona sono più che concrete e mettono il governo Letta ed il governo Crocetta in una situazione complicata: da un lato, il Governo chiederà il fermo rispetto degli accordi, dall’altro Crocetta non potrà giustificare le violenze, ma dal rumore di cariche e lacrimogeni dovrà continuare la propria lotta politica.
Il 6 giugno, sapremo quale sarà il destino del Muos di Niscemi.
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