“Il senatore Schifani? E’ una mente”, parola di Totò Riina

In questo periodo le notizie di peso di certo non mancano. Dopo avere ricostruito la scia di sangue e mistero delle navi Jolly, l’ultima delle quali impattata sul porto di Genova, dopo aver cercato di dare il giusto peso alla notizia del numero 2 dei servizi segreti italiani beccato a dare soldi alla camorra, oggi riprendiamo un’altra notizia, girata nei “circoli” antimafia ma non uscita al di fuori di quel recinto, ovviamente per evitare di rompere i fragili equilibri del governo di coalizione, picconato giornalmente dagli attacchi di Berlusconi intento a difendersi in ogni modo dai 3 processi che rischiano di allontanarlo dalla politica. Una notizia che ha che vedere con un’intercettazione del capo dei capi della mafia, Totò Riina.

Il boss siciliano sa perfettamente che ogni sua discussione è intercettata, al punto che una delle sue ultime discussioni in merito alle stragi di Capaci e via D’Amelio e l’intervento di altre menti finissime, è stata pubblicata e frettolosamente cancellata da L’Espresso qualche tempo fa. Un uomo da non sottovalutare mai, in grado di far trapelare i suoi ordini proprio grazie all’uso di dichiarazioni apparentemente innocue, ma sempre leggibili a più livelli.

La discussione risale al 2008, quando Berlusconi portava Renato Schifani alla seconda carica dello Stato in qualità di presidente del Senato. Totò Riina a colloquio con la moglie e la figlia si lamenta del costo delle ciliege, così care e al tempo stesso senza sapore. La discussione gira poi su Chiusa Sclafani, città produttrice di ciliege in Sicilia e terra d’origine del senatore Renato Schifani.

Riina conferma:

Sì il paese del Senatore. Poi c’è una pausa e Totò Riina aggiunge “eh…..è… una mente è! Che è una mente… incompr… uno non è che”.

La moglie a questo punto, senza senso, interrompe il marito e introduce il tema delle rare visite che può fare al boss in carcere. Questa trascrizione è stata girata ai giudici che stanno indagando sul ruolo avuto dallo studio legale Pinelli-Schifani a Palermo, in merito ad una presunta copertura degli uomini che armarono di tritolo la Fiat 127 fatta saltare in aria in via D’Amelio ed è stata aggiunta una postilla, in cui si evidenziava come Riina, consapevole dell’intercettazione sorridesse nel dire che “Schifani è una mente”. Insomma, Riina, voleva mandare un messaggio preciso, ma quale?

Il Fatto Quotidiano è entrato in possesso di un documento che attesta un fatto incontrovertibile e spiega in qualche modo che tra il capo dei capi e Schifani, c’è ancora un conto aperto ma quale sia, non è stato ancora chiarito:

Il 16 gennaio 2002 alle ore 18 e 37 dal numero 091-323054 del telefono fisso dello studio legale Pinelli-Schifani parte una telefonata diretta al cellulare di Giuseppe Salvatore Riina, allora 25enne, figlio di Totò Riina. La telefonata dura 114 secondi. Il figlio del boss si trova a Corleone ed è indagato per i suoi affari con altri mafiosi. Sarà arrestato a giugno del 2002 e poi condannato molti anni dopo in via definitiva a 8 anni per mafia. In quel momento però il suo cellulare non è intercettato. Quindi non possiamo sapere chi chiamava e chi parlava quel giorno con Riina Jr dallo studio Pinelli-Schifani. Alle 18 e 06, pochi minuti prima, Riina jr chiama qualcuno che è a Roma, al Jolly Hotel Vittorio Veneto. L’ignoto interlocutore romano parla con lui per quasi tre minuti. Chi era la persona che parlava con Riina dallo studio palermitano? Fonti vicine a Renato Schifani sostengono che il senatore quel giorno era a Roma e che non si occupava da tempo dello studio. Anche il suo socio Giuseppe Pinelli sostiene di non avere fatto quella telefonata. Solo il figlio di Riina, oggi uscito dal carcere dopo avere scontato la pena, potrebbe chiarire il dubbio.