Crisi di governo, countdown fino al 30 luglio
Se quello di ieri può essere sembrato solo un antipasto o una piccola parentesi, ci pensa il capogruppo al Senato Renato Schifani, a chiarire in maniera plastica la situazione. Se Silvio Berlusconi viene condannato, il PDL lascia il governo e si dimette, avviando quella che sarà la crisi di governo. Ci sono ben 19 giorni di attesa da qui alla decisione della Cassazione, in questo stretto spazio l’Italia richiede di inserire le misure improrogabili su IMU e IVA. Missione possibile, ma non certa. Di certo, c’è la prima finestra disponibile per le elezioni, quella di ottobre, lì quando senza ulteriori provvedimenti, l’IVA salirà al 22% e la rata dell’IMU di giugno si sommerà a quella di fine anno. E le riforme costituzionali? La legge elettorale? Le norme per ridurre la disoccupazione?
Tutto risucchiato e inghiottito da un enorme buco nero, in cui il collasso di un uomo solo al comando, Silvio Berlusconi, trascina inesorabilmente il suo partito, il governo di coalizione, la separazione dei poteri dello Stato, la fiducia nelle istituzioni, i giudizi delle agenzie di rating, il grado di affidabilità che i mercati internazionali nutrono nei confronti dell’Italia, la credibilità di qualsiasi azione di governo da parte dei partners europei.
Come in un buco nero, di quelli supermassivi, tutto quello che viene attratto dagli orizzonti degli eventi, non ne esce più, nemmeno una luce di speranza, può filtrare. Il paese non potrebbe rimanere bloccato da questioni sostanzialmente private ma di fatto, lo è da quasi 20 anni. Giorgio Napolitano siede in silenzio sulla sua poltrona, si è visto arrivare nelle ultime settimane tutti i protagonisti della politica italiana, compresi Grillo e Casaleggio, parla solo a nome dell’Italia, specialmente all’estero. Il suo silenzio politico preoccupa e rabbuia le notti di Roma, Re Giorgio potrebbe scaraventare tutto all’aria, indire nuove elezioni e lasciare il suo posto, difficilmente farà Berlusconi senatore a vita.
Rimane pur sempre il capo supremo del Consiglio Superiore della Magistratura, garante della divisione del potere legislativo, esecutivo e giudiziario, una lezione che è stata insegnata per decenni nelle scuole dell’obbligo ma che fatica ad arrivare a chi ha fatto della politica il suo mestiere. La decisione presa ieri dal PD ha cercato di spegnere un incendio destinato a divampare, ha spazzato via qualsiasi possibilità di coalizioni con altre forze parlamentari e soprattutto, ha cercato di far passare per una richiesta di riunione, un palese attacco della politica alla magistratura.
Un pericoloso gioco di equilibrio che Epifani ed il PD non potrà più ripetere, mentre i sondaggisti affilano di nuovo le armi. Con elezioni a ottobre infatti, è più probabile una crescita del Movimento Cinque Stelle e del PDL che non del PD, le cifre dipenderanno molto dalla campagna elettorale ma il quadro finale, è già noto: tre blocchi in totale disaccordo tra loro, che assisteranno al downgrade finale dei titoli di Stato italiani a livello spazzatura. A quel punto, nessun fondo di investimento potrà far finta di nulla e non potrà più acquistare titoli di Stato italiani. Con il definitivo crollo della Repubblica Italiana.
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