Ecco perché nessuno osa intervenire in Siria, dove lo scacchiere regge solo se tenuto sotto controllo
La Siria è stato l’unico paese assieme a Qatar e Yemen che dal febbraio 2011 non ha cambiato minimamente le strutture del proprio stato a seguito delle proteste di piazza innescate dai movimenti giovanili e dalle opposizioni volta ad inserire elementi democratici nelle proprie costituzioni. In Siria Barack Obama ha mandato un messaggio chiaro, occorre una svolta democratica, mentre Cina e Russia pongono il veto ad azioni militari. Ma se salta la Siria, l’intera area medio-orientale rischia di destabilizzarsi. Ecco perché.
Quella che vedete sotto è la cartina etno-religiosa della Siria e dei paesi circostanti, con un focus sulla città di Damasco, la capitale dove gli scontri tra i lealisti del regime di Bashar Al-Assad e i ribelli sono più cruenti.
Il quadro che appare è molto frastagliato, con una prevalenza sunnita che si ritrova a stretto contatto con Drusi ed altre minoranze religiose interne al mondo islamico molto antiche e radicate sul territorio. Di contro, gli sciiti duodecimani (la corrente prevalente nel mondo sciita) vivono a stretto contatto con le numerose comunità cristiane sparse su tutto il territorio siriano e a confine con quello libanese, patria di transito di numerosi attivisti islamici, a volte impegnati in attacchi contro Israele.
Un quadro così frastagliato potrebbe sfuggire di mano subito dopo la caduta del regime di Bashar Al-Assad, attuale leader siriano che da un anno a questa parte ha represso duramente qualsiasi forma di ribellione, arrivando ad un livello di ferocia superiore a quello usato da Gheddafi in Libia e che motivò l’intervento militare degli stati europei a fianco degli USA tramite azioni di intelligence sul territorio e bombardamenti aerei. Anche in Siria i servizi di intelligence di mezzo mondo sono già operativi sul campo, con collaborazioni attive tra servizi americani, francesi ed italiani, ma al momento si cerca di evitare ribaltamenti repentini di fronte.
Occorre infatti capire fino a che punto gli oppositori del regime di Assad saranno in grado di garantire un grado minimo di civile convivenza in un paese che ha visto crescere i simpatizzanti del jihadismo estremo, costringendo ad una vera e propria diaspora i siriani che rifiutavano di essere arruolati tra le fila di organizzazioni di stampo terroristico.Â
Gli sviluppi dello “scacco siriano” dipenderanno dalle elezioni USA a novembre e dalle prossime mosse di Israele, concentrata più che mai a fermare, con ogni mezzo necessario, il programma nucleare iraniano.
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