Fitch declassa l'Italia ma il fronte delle agenzie non è compatto
Il declassamento da parte di Fitch segna un passo molto rilevante, l’Italia per la prima volta viene ufficialmente considerato un paese non affidabile, al di fuori del grado di fiducia richiesto agli 8 paesi più industrializzati del mondo. Ad aggravare il quadro, l’outlook negativo, ovvero la prospettiva di rivedere ulteriormente al ribasso il downgrade da A- a BBB+, a causa di instabilità politica, elevata corruzione e eccessivi gradi di disoccupazione non supportati da un’adeguato progetto di sviluppo.
Come spiegato in una nostra precedente indagine, gli investitori stranieri badano più ai fatti che ai proclami, ma al momento i fatti parlano di un paese ingovernabile in cui l’unico garante di stabilità , il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è all’interno del semestre bianco e non può più avere la capacità di decidere sulle prossime elezioni. Se non si dovesse giungere ad un accordo, occorreranno altri due mesi ed il compito andrà affidato ad un nuovo Presidente della Repubblica, scelto da un Parlamento senza maggioranza.
In questo quadro però si segnano un paio di note non del tutto negativi. Moody’s ha voluto sospendere il giudizio sull’Italia a causa dell’indagine della procura di Trani, mentre Standard & Poor’s, pur evidenziando le difficoltà note del Sistema Italia, si è allineata alla visione d’insieme di Mario Draghi: il risultato elettorale può liberare energie propositive che possono scardinare gli storici vincoli che hanno sempre frenato l’Italia, attivando un nuovo circuito economico in grado di generare sviluppo, dopo 10 anni di stagnazione.
I dati parlano chiaro. Dal 2001 al 2010, l’Italia è stato il 180° paese al mondo per crescita del PIL. E’ come se per 10 anni fossimo stati tutti in vacanza e l’unica cosa che ci ha evitato un crollo verticale sono stati gli utili delle aziende di lusso e dei prodotti agro-alimentari. Il resto ha permesso finora di sopravvivere, erodendo l’eredità del passato.
L’incertezza del discorso politico ha sospeso il giudizio dei mercati che hanno reagito istintivamente al risultato elettorale, ma la tempesta, in caso di mancanza di risposte, è dietro l’angolo. Al momento, non ci sono alternative concrete all’aumento dell’IVA a luglio, il patto di stabilità rischia di mandare in bancarotta le amministrazioni locali e un’assenza da parte dei partiti in Parlamento di proposte per sfruttare al meglio i Fondi Europei costringono il paese a dover chiedere risposte in tempi brevi. Se la politica dovesse nuovamente fallire, potremmo non avere la possibilità di tentare nuove strade.
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