Cipro avrà il suo prestito da 10 miliardi, mentre l'altra metà spera nel fallimento per attrarre capitali
Alla fine il prestito da 10 miliardi arriverà , lo ha deciso l’Eurogruppo dopo una riunione notturna straordinaria, il tutto per evitare di arrivare a martedì con i conti delle banche ancora bloccati. Tra i garanti per la restituzione progressiva del prestito la Grecia, paese scelto per la sua vicinanza storica all’isola, divisa in due dalla rivalità con la Turchia.Â
Cosa ne è infatti dell’altra metà dell’isola? La Repubblica Turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo dal governo Erdogan, ha provato a riunificarsi alla metà greca dell’isola con un referendum nel 2004, promosso dal capo dell’ONU Kofi Annan. Il 65% dei ciprioti della metà turca erano favorevoli all’unificazione, ma fu il no decisivo della parte greca a far fallire il progetto.
A distanza di quasi 10 anni, quella scelta sembra poter cambiare gli assetti di quest’isola, divisa in due da tempo. Il piano di salvataggio della troika non riguarda infatti la parte turca, dove si attende solo di veder riaprire gli scambi bancari per stravolgere gli equilibri economici dell’isola. Anche se Cipro è stato membro dell’Unione Europea dal 2004, Cipro Nord ha conservato appieno la sua indipendenza, nonostante sia riconosciuto come stato fantoccio.
Allo stato fantoccio però non sarà chiesto il prelievo forzoso del 30% sui conti al di sopra dei 100.000 euro e questo può convincere gli investitori russi, tra i maggiori tenutari di fondi al di sopra dei 100.000 euro, a portare in massa i loro capitali verso la parte nord dell’isola, spostando l’influenza di Cipro al di fuori dell’Unione Europea e dirottandola verso la Turchia, uno degli stati candidati a diventare membri, ma che sembra sempre più interessato a crearsi un suo spazio internazionale indipendente.
La Russia preferirebbe di gran lunga allacciare rapporti commerciali e finanziari con la Turchia, si aprirebbero spazi interessanti verso il Mediterraneo e si potrebbe stringere meglio l’Unione Europea attorno ad una morsa ancora più stretta legata all’approvvigionamento energetico.
Ancora una volta, l’Unione Europea mostra miopia politica e coglie l’occasione per lanciare sui mercati internazionali nuovi dubbi sulla tenuta di un mostro che unisce mercati ma non scelte politiche.
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