Legge per la corruzione e il non diritto di stampa, ecco due leggi che aggravano il quadro

La vicenda Sallusti doveva aprire la strada ad una riforma della legge che prevede il carcere in caso di accertata diffamazione nonostante l’applicazione del diritto di rettifica, ma i partiti sono infastiditi dalla stampa e dai loro continui scoop sui casi di corruzione e malaffare. Ecco perché, una volta presentatasi l’occasione, hanno ulteriormente inasprito le norme depenalizzando alcuni reati dietro la nuova legge anti-corruzione.

Il giornalista “recidivo” nella diffamazione, ovvero che continua a sostenere, scrivere e argomentare di come una determinata persona o gruppi agiscano nell’illegalità debba essere fermato da uno a tre anni (il testo originale diceva interdizione perpetua!), le pene inasprite a 50 mila euro e chiunque provi a fare del giornalismo d’inchiesta, sia perseguibile per legge, sia che si tratti di testata online che di un blog personale. La tentazione del bavaglio è fortissima e nell’attuale caos elettorale, rischia di passare.

Basta con chi parla e informa gli italiani dei pubblici vizi degli esponenti dei partiti e soprattutto basta con questa permissiva ondata di libertà di parola, sancita dall’articolo 21 della Costituzione. I partiti vogliono fare in modo che ci si allinei ad un quadro democratico che garantisca la libera azione di chi, con responsabilità, gestisce la macchina statale.

Deve saltare la copertura editoriale delle spese legali, in modo tale che chi voglia dire la propria lo possa fare, a patto di avere milioni di euro da spendere in battaglie legali, non per dimostrare la veridicità di quanto scrive, come accade negli USA, ma per convincere i giudici italiani che quanto scrive è di interesse per la collettività.

Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista, afferma senza troppi giri di parole che

Neppure il fascismo aveva previsto una disciplina del genere. Il codice penale prevede lo schermo del direttore responsabile e tutto, da allora, è riconducibile a quella figura. Nel momento in cui però si estende la responsabilità all’editore, allora il sistema di garanzie e di diritti, il delicato equilibrio che è alla base del diritto di informare e di essere informati rischia di essere compromesso

Per aggravare la nostra posizione di quarto paese più corrotto in Europa e 69esimo a livello mondiale, arriva anche la nuova normativa anti-corruzione che con un’immagine efficace, Maurizio Crozza ha definito una legge fatta da ladri di polli su come evitare di rubare galline.

A quanto pare i nuovi reati aggiunti quali voto di scambio, traffico di influenze e corruzione ai privati, sono reati finti, nel senso che sono previsti dalla legge, ma costruiti in modo da non poter funzionare: la prescrizione è rimasta invariata, in alcuni casi diminuita, quindi complessivamente il nuovo disegno di legge non porta nulla di buono e la situazione rimane quella che era prima.

Una delle chiavi dell’insuccesso della legge sono i limiti di pena previsti, diventati troppo bassi e che  quindi non permettono l’uso le intercettazioni telefoniche, senza le quali questi reati non si scoprono proprio. In un paese assonnato con i partiti in grado di fare e disfare un paese, la palla passa all’opinione pubblica, chiamata a decidere se rimanere in un muto vittimismo o a far risuonare la propria voce nei palazzi del potere.