Una ricetta economica dimenticata dagli economisti

Prima di cominciare è giusto notificare al lettore che la mia istruzione fatta di laurea specialistica e master di due livelli mi rende praticamente ignorante totale sull’argomento. Tutto parte da una conversazione casuale con un posteggiatore abusivo, attivo e dignitoso, su un tale Shumpeter o Schumpeter. Solo dopo, scopro che si stava parlando di un illustre economista austriaco di nome Joseph Schumpeter. La cosa che ha sorpreso il nostro posteggiatore abusivo ed il sottoscritto, è che la sua teoria, anche se vecchia, fotografa meglio di tante altre la situazione attuale.

Studiato spesso con alterne fortune intorno agli anni ’80, in pieno boom economico da neoliberismo, mentre negli USA trionfa Reagan e la Tatcher massacra gli operai inglesi per trasportare il Regno Unito nel mondo globalizzato di oggi, Schumpeter si accorge che l’economia è soggetta a cicli di creazione e distruzione, ogni nuovo ciclo porta con sé delle novità che permettono al capitalismo di innovarsi e portano, ancora una volta, a nuovi cicli espansivi ed altri recessivi.

Fin qui, nulla di nuovo, ma la cosa interessante è l’analisi dell’attuale ciclo economico, il quinto contando dall’inizio della sua analisi, caratterizzato da infotaiment, nascita della nanotecnologia, fusione tra industria ed informatica, alla nuova fase, questo sesto ciclo in cui stiamo per entrare, alla fine della spirale recessiva che chiuderà il quinto ciclo.

Le innovazioni, secondo questo austriaco morto nel 1950, esattamente dopo la seconda guerra mondiale, si concentrano in periodi storici ben precisi, alternati a fasi in cui tutto quello che di nuovo è stato creato, semplicemente, viene riutilizzato e presentato sempre sotto nuove combinazioni e forme. Per essere più precisi, le innovazioni davvero epocali (macchina a vapore, petrolio, ecc.) si susseguono a cicli particolarmente lunghi, intorno ai cinquanta anni (cicli Kondratiev), quelle di valore intermedio esauriscono il ciclo in tempi minori (cicli Juglar) e così a discendere, fino a quelle di valore minimo (cicli Kitchin).

E alla fine, arriviamo all’intuizione più geniale, quella che riguarda direttamente noi e che tutti gli economisti sembrano aver archiviato, molti allucinati dalla decrescita felice di Serge Latouche. Per poter decrescere felicemente, bisogna avere qualcosa e difficilmente, a meno che non si abbia intenzione di entrare in qualche convento, si fa voto di povertà col sorriso tra le labbra.

Il buon Schumpeter dichiara come il capitalismo, dopo aver abbattuto le caste nobiliari, (rifugiatesi nelle logge massoniche o convertitesi al capitalismo, aggiungiamo noi)  si evolverà al punto da sostituire la mentalità burocratica e tendente all’immobilismo dei manager. A questo punto però nella società si affermeranno, ad opera degli intellettuali e quelli che noi oggi chiamiamo opinion leaders, valori contrari allo sviluppo capitalistico, facendo sì che i capitalisti stessi prima si vergognino del proprio ruolo ed, infine, rinuncino ad esso.

A quel punto, una qualsiasi forma di socialismo come la pensava Schumpeter, o capitalismo verde o movimento di democrazia diretta, sarà l’inevitabile sbocco al capitalismo monopolistico ed alla sua eutanasia. Il passaggio al socialismo non avverrà, infatti, a mezzo di una rivoluzione violenta, come profetizzato dai marxisti e realizzato dai bolscevichi, ma con un processo graduale, per vie parlamentari e darà vita ad un sistema socialista compatibile con la democrazia, in cui si vedrà la concorrenza di gruppi corporativi, non più regolata dal mercato, bensì dallo stato.

Sembra una fotografia scattata oggi, peccato che il fotografo l’abbia fatta 70 anni fa e nessuno, a quanto pare, abbia mai sviluppato i negativi di quella foto, almeno in Europa. In Giappone in questi giorni gli economisti hanno coniato un nuovo termine, chiamato reflazione, per spiegare quanto sta facendo la Banca Centrale Giapponese. Il debito pubblico è alle stelle e l’economia è in recessione? Al diavolo il pareggio di bilancio, svalutiamo la moneta e diamo ossigeno all’economia. Una ricetta che nonostante l’azzardo, paga gli investitori.

Anche gli USA stanno ripartendo rapidamente, grazie a politiche fiscali che fanno leva sull’aggiunta di liquidità nel sistema. Sempre sotto signoraggio bancario, ma almeno per questo sesto ciclo, dovrebbe bastare.  A questo punto le soluzioni sono due. O spediamo il libro a Mario Draghi o diamo qualche euro in più al nostro posteggiatore. Tanto a breve, dovrò lavorare per lui