Mazzata Iva, con l’aumento di luglio la ripresa è impossibile
La BCE oggi chiarisce subito con che approccio l’Italia deve affrontare i prossimi mesi. Occorre rigore nei conti statali, non si può deviare dalla rotta tracciata, nonostante si sia appena rientrati dalla procedura d’infrazione. Il problema per tutti noi diventa però quasi drammatico. Se il governo Letta ha incentrato l’intervento sulla crisi posticipando l’IMU sulla prima casa e sembra intenzionato a riformularne la formula, chi ancora possiede attività imprenditoriali pagherà per intero l’IMU e la mazzata dell’IVA è pronta a deprimere ulteriormente il mercato interno.
Come dimostrato durante l’aumento dell’IVA dal 20% al 21%, l’innalzamento di un solo punto percentuale si ripercuote fino al 4% o al 15% per alcuni prodotti, sul costo finale di un bene o di un servizio. L’IVA interviene immediatamente sulle accise della benzina, in breve tempo i costi di produzione e trasporto schizzano verso l’alto e a catena, più è lunga la catena che porta la merce dal produttore al consumatore, più rincari subisce.
Se i consumi già ora sono fortemente depressi, l’IVA al 22% rischia di portare il nostro rapporto deficit-PIL ad un altro -1,4% solo quest’anno, mandando letteralmente in fumo qualsiasi tentativo di rilancio dei consumi e calo della disoccupazione. In attesa di capire in cosa consista realmente il “decreto legge del fare”, a partire da luglio il potere d’acquisto degli italiani è destinato a calare ulteriormente.
Proprio oggi dal PD arriva un’allerta sulla situazione nei mercati internazionali dove una nuova bolla speculativa sta già montando (da noi segnalata già qualche mese fa) ma in tal senso, se il governo può ben poco, la BCE di Mario Draghi al momento può ancora meno. Nel calendario delle priorità del governo sembra rientrare la tutela del lavoro e la tenuta dei conti, ma l’approccio sembra ancora troppo episodico, non c’è una visione d’insieme nell’affrontare i problemi e le costanti riunioni tra Saccomanni, Letta ed Alfano segnalano una difficoltà nel decidere quali sono le priorità d’intervento.
I 35 saggi reclutati per il compito più gravoso della riforma della Costituzione allontanano un problema che avrebbe portato via energie e tempo prezioso al governo Letta, il quale però deve indicare una precisa direzione, senza rimandare a slogan facili che permettano di tenere insieme questa innaturale coalizione.
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